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I GRANDI DELLA TERRA CONTRO I CAMBIAMENTI CLIMATICI
Lo scorso 7-8 luglio ad Amburgo in Germania si è tenuto l’atteso vertice dei G20 sui cambiamenti climatici.
L’evento era già stato preceduto recentemente dal Climate Home, che sarà ricordato in particolare per la sconcertante e rimarcata decisione degli Stati Uniti d’America di ritirarsi dall’Accordo di Parigi.
Di fatto, con il Comunicato finale sul clima si è preso atto (d’altronde non poteva essere altrimenti) della volontà americana di disapplicare l’Accordo di Parigi, quest’ultimo, al contrario, confermato dai rimanenti Paesi che hanno invece ribadito la loro intenzione di attuare completamente gli impegni previsti e sottoscritti dall’Accordo.
Sebbene questo distacco americano dalla rotta comune nella gestione del problema, l’obiettivo e il cammino dei Paesi intervenuti ad Amburgo sembra ormai tracciato: la promozione dell’energia nucleare e dei “combustibili fossili puliti”, ovvero il gas e il carbone trattati con tecnologie innovative per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica, principale (anche se non l’unica) causa scatenante dell’“Effetto serra”, il fenomeno destabilizzante degli equilibri climatici del nostro pianeta, da decenni ormai tanto discusso.
Si riconosce dunque, in uscita dal G20, che quello del cambiamento climatico è un problema reale e globale, e che i Paesi del G20 devono “affrontarlo” e collaboreranno assieme a questo fine.
Energie rinnovabili ed energia da combustibili fossili, impiegati in modo molto più pulito ed efficiente da quanto non sia stato fatto in passato utilizzando gli stessi combustibili e, naturalmente, energia da altri fonti pulite. Questo è il target previsto, sebbene l’adozione (e, in alcuni casi, lo sviluppo) della necessaria innovazione tecnologica per conseguire questo fine, sia essa stessa un obiettivo.
Ma cosa si intende, precisamente, con il termine “cambiamenti climatici”? Di fatto, qualsiasi mutamento del clima che possa essere attribuito, direttamente o indirettamente, alle attività umane, in grado di alterare (anche profondamente) la composizione chimico-fisica dell’atmosfera terrestre.
Tuttavia, volendo essere più precisi, è l’insieme degli effetti antropogenici, uniti a quelli della variabilità naturale del clima, a determinare poi i fattori che ne portano progressivamente al mutamento nel medio-lungo periodo. In una tale fascia temporale, infatti, il clima non è mai statico, ma dinamico e con cambiamenti che possono essere talvolta repentini, e altre volte più lenti e meno sensibili.
Le cause di queste mutazioni sono molteplici: l’attività solare, le caratteristiche e la composizione dell’atmosfera, l’assetto orbitale della Terra e i suoi spostamenti, le correnti oceaniche, le eruzioni vulcaniche, la deriva dei continenti e, ovviamente e non da meno, l’influenza antropica che, specialmente a seguito dell’utilizzo sfrenato di combustibili fossili per la produzione di energia, e a una deforestazioneincontrollata, è la causa principale dell’“effetto serra” (l’aumento repentino della concentrazione in atmosfera di gas serra, come l’anidride carbonica), nonché del fenomeno dell’incremento delle temperature medie sulla superficie terrestre (il cosiddetto “riscaldamento globale”).
Al G20 di Amburgo si è anche parlato di sistemi di cattura e immagazzinamento della CO2 sebbene, probabilmente, si lascia sfuggire invece all’opinione pubblica l’enormità dei costi per adottare impianti e tecnologie per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio, provvisorio e definitivo (ad es. nel sottosuolo a grandi profondità), della CO2.
Tecnologie, quindi, non così fattibili e sostenibili dalle nostre imprese come, invece, “dovrebbero” essere.
Nella nostra realtà produttiva, italiana e locale, forse non siamo abituati a pensare all’inquinamento atmosferico in termini di consumo di energia da combustibili fossili e di rilascio di gas climalteranti.
In ogni caso, esiste un cospicuo corpus normativo in grado di disciplinare l’impatto delle emissioni in atmosfera, e conseguentemente l’impatto sul clima e sulla salute umana.
È fondamentale che queste disposizioni, legislative e regolamentari, vengano osservate scrupolosamente dalle aziende, al fine di monitorare lo stato di conformità degli impianti e l’inquinamento rilasciato nell’aria esterna.
Ecco quindi che, in questo ambito, il consulente ambientale svolge un ruolo fondamentale nell’assistere le imprese a seguire correttamente le prassi e l’iter procedurale per ottenere le autorizzazioni necessarie a emettere in atmosfera, e a controllare, anche analiticamente, l’entità di tale inquinamento, affinché avvenga in maniera costantemente controllata, e nel rispetto dei requisiti normativi previsti a tutela della salute delle persone e dell’ambiente.
L’adozione e il monitoraggio, fondamentale, delle prescrizioni normative èdunque alla base della tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente. Solo così si potrà, poi,programmareil raggiungimento degli obiettivi e impegni previsti dai grandi accordi per la difesa del clima.
Matteo Pivotto